Tumore del seno: grandi cambiamenti in vista con il tamoxifene a basse dosi
Alcuni studi recenti stanno anche esplorando la possibilità di utilizzare il tamoxifene in combinazione con altri farmaci, per aumentare la sua efficacia o per ridurre i suoi effetti collaterali. I risultati di uno studio italiano confermano che «una dose di 5 mg di tamoxifene al giorno per soli 3 anni riduce il rischio di recidive e di nuovi tumori al seno, con minimi effetti collaterali, mantenendo gli effetti anche 7 anni dopo la fine del trattamento». Diversi studi clinici hanno esaminato l’efficacia delle alternative al Tamoxifene nel trattamento del cancro al seno. Ad esempio, uno studio del 2010 pubblicato nel New England Journal of Medicine ha scoperto che l’Exemestano, un inibitore dell’aromatasi, era più efficace del Tamoxifene nel prevenire la recidiva del cancro al seno nelle donne in post-menopausa. Questi includono vampate di calore, nausea, mestruazioni irregolari, perdita di appetito e stanchezza. In alcuni casi, il tamoxifene può anche aumentare il rischio di sviluppare altri tipi di cancro, come il cancro all’endometrio (il rivestimento dell’utero).
E’ possibile prendere Tamoxene durante la gravidanza e l’allattamento?
Nelle pazienti affette da carcinoma mammario, il tamoxifene espleta la sua azione terapeutica direttamente a livello del tumore, andando ad inibire il legame dell’estrogeno con il suo recettore (esercita quindi un’azione prevalentemente antiestrogenica). Durante il trattamento con tamoxifene, inoltre, è importante effettuare regolari controlli dell’apparato genitale e, in particolare, del tessuto endometriale poiché il principio attivo può causarne l’alterazione (iperplasia, formazione di polipi, carcinoma). Giacché il tamoxifene può causare senso di nausea e lasciare un sapore metallico in bocca, alcune pazienti preferiscono prenderlo durante i pasti. Attualmente si ritiene che cinque anni siano la durata ideale per le pazienti in pre-menopausa, mentre per le pazienti in post-menopausa la durata è variabile. La terapia con TMX determina un miglioramento assoluto del 9% in termini di sopravvivenza a 10 anni nelle pazienti con cancro mammario. E’ inoltre utilizzato per la prevenzione del cancro mammario controlaterale (riduzione del 50% del rischio).
Gli effetti collaterali degli inibitori dell’aromatasi possono essere di entità variabile a seconda della persona e delle diverse fasi del trattamento. Ciò dipende anche dalle condizioni generali di salute, dalla dose di farmaco prescritta e dalla possibile interazione di questa cura con altre sostanze. Anche per questo è molto importante segnalare al proprio medico tutto ciò che si assume al di fuori delle sue prescrizioni, comprese le vitamine e i prodotti da banco o da erboristeria. Bastano 5 milligrammi al giorno di tamoxifene per 3 anni per ridurre del 52% circa il rischio relativo di recidiva nelle donne con una diagnosi di tumore in situ, cioè una forma di tumore molto precoce, non infiltrante, a basso rischio di evoluzione in una forma più invasiva. Inoltre, sempre con questa terapia diminuisce del 75% il rischio di un nuovo carcinoma all’altra mammella.
Nolvadex – Foglio Illustrativo
- Il tamoxifene non è indicato durante la gestazione e in presenza di assunzione di anticoagulanti.
- Si usano in genere dopo l’intervento per ridurre il rischio di recidive, ma in alcuni casi sono utilizzati anche prima dell’operazione, per ridurre il volume della massa da asportare, oppure nelle fasi più avanzate della malattia.
- Inoltre, alcune condizioni mediche, come le malattie del fegato, possono alterare il metabolismo del tamoxifene.
- È stato riportato che gli alimenti seguenti riducono la probabilità di coaguli di sangue proteggendo o essendo neutri rispetto al rischio di cancro al seno.
- Infatti, ogni persona reagisce in maniera soggettiva alla somministrazione del farmaco, manifestando effetti indesiderati diversi per tipo ed intensità, oppure non manifestandone affatto.
Attualmente le linee guida prevedono la raccomandazione di personalizzare la durata della terapia in base alla tollerabilità degli effetti collaterali e al rischio individuale. Ora un ampio studio randomizzato ha preso in esame la combinazione tamoxifene seguito da letrozolo, dimostrando che prolungare la durata del letrozolo per cinque anni porta dei benefici significativi. Il tamoxifene è un farmaco antineoplastico, spesso utilizzato come terapia adiuvante nel trattamento del cancro al seno. È un modulatore selettivo dei recettori degli estrogeni (SERM) che agisce bloccando l’azione degli estrogeni sulle cellule tumorali. Questo farmaco è particolarmente efficace nei tumori al seno che sono sensibili agli estrogeni, cioè quei tumori che crescono in risposta alla presenza di questo ormone. Il tamoxifene viene assunto per via orale, solitamente una volta al giorno, e può essere prescritto sia alle donne in pre-menopausa che a quelle in post-menopausa.
Per quanto tempo continuare la terapia ormonale sostitutiva?
Non esiste un antidoto specifico per il trattamento dei casi di sovradosaggio, che pertanto deve essere sintomatico. Sono stati segnalati casi di disturbi visivi, tra cui rari casi di alterazioni corneali e comuni casi di cataratta e retinopatia. Sebbene nell’ uomo è molto più ristretta, il profilo globale degli eventi avversi appare simile, con l’eccezione degli eventi limitati al sesso femminile.
Durante il trattamento con tamoxifene è stata riportata un’aumentata incidenza di alterazioni dell’endometrio comprendenti iperplasia, polipi, carcinoma e sarcomi del corpo dell’utero (perlopiù tumori maligni mulleriani misti). Gli inibitori dell’aromatasi possono causare dolori articolari, aumentato rischio di osteoporosi e aumento dei livelli di colesterolo. Nell’esperienza clinica, è riconosciuto che il tamoxifene induce riduzione dei livelli ematici di colesterolo totale e delle lipoproteine a bassa densità nell’ordine del 10-20% nelle donne in post-menopausa. In associazione al trattamento con Nolvadex è stata riportata un’incidenza non comune di carcinoma dell’endometrio e rari casi di sarcomi del corpo dell’utero (per lo più tumori maligni mulleriani misti).
Lo studio PT 141 10 mg Canada Peptides è stato sostenuto da Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, ministero della Salute, Lilt e Ospedali Galliera di Genova. Commentiamo i nuovi dati con Bernardo Bonanni, Direttore della Divisione di Prevenzione e Genetica Oncologica dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano, oltre che uno degli autori della ricerca. Molti tumori del seno hanno sulla membrana e all’interno delle proprie cellule recettori per gli estrogeni, per il progesterone o per entrambi.
A questa classe di farmaci appartengono l’anastrozolo, l’exemestane e il letrozolo. È importante sottolineare inoltre che, anche quando i cicli mestruali sono interrotti per effetto della cura ormonale, è possibile che si instauri una gravidanza. Poiché il farmaco può essere nocivo per lo sviluppo del feto, è bene accertarsi di non essere incinte prima dell’inizio della cura e concordare con i medici un metodo contraccettivo adatto al proprio caso, da assumere per tutta la durata del trattamento. La terapia ormonale è in genere ben tollerata e provoca effetti collaterali gravi solo in rari casi. Tuttavia, può comportare una serie di disturbi di entità variabile a seconda del tipo di composto. Il medico (o il senologo o l’oncologo) deve accertarsi che la paziente non sia in stato di gravidanza e che non assuma anticoagulanti.